di Severino Proserpio
Amare l’Africa con la consapevolezza di non sapere perché la si ama.
E’ forse questo il tanto diffuso “mal d’Africa?”
L’Africa è l’entusiasmante visione di una spiaggia da sogno o l’emozione davanti ad uno straordinario tramonto breve sapendo che il giorno dopo, comunque sarà il clima, ce ne sarà uno apparentemente identico ma dalle sfumature inedite, è magica, accogliente con i suoi profumi, con i suoi colori e l’allegria ingiustificata dei bambini e della sua gente.
L’Africa è povera, è sporca, è infetta, è corrotta, è opportunista, a volte è ladra e bugiarda.
Viverci, vuol dire imparare che non è poi così vero, che se non si desidera tutto non si otterrà nulla, che accontentarsi non è sempre una sconfitta e che anche vivere alla giornata può essere un buon metodo per aggiornare l’esistenza.
Contaminarsi vuol dire mantenere la consapevolezza della propria diversità e mescolarla con quella, di pari valore, degli altri, in un luogo dove, nemmeno quel visionario di Gesù, avrebbe potuto affermare, che gli uomini sono tutti uguali.
Così l’Africa, una volta che la incontri, ti rimane dentro e non ne puoi fare a meno.
Se la ami nell’ unico modo in cui è definibile l’amore: istintivo, inspiegabile, disinteressato, allora il “mal d’Africa” è una malattia incurabile.